Abstract
La conoscenza dei molteplici aspetti relativi alla cosiddetta “produttività delle risorse” (in particolare nell'area del personale, la risorsa più pregiata e “costosa” in sanità) è notoriamente un elemento essenziale in qualsiasi processo di programmazione, qualificazione e valutazione dei servizi: soprattutto in periodi, come quello attuale, in cui la spinta, a volte esasperata, al contenimento della spesa finisce con l'indirizzare univocamente le politiche gestionali verso soluzioni organizzative di “massima efficienza”, a volte anche a spese di importanti fattori di qualità del risultato (la salute dei cittadini) o del lavoro (stress, sicurezza,...).
In ogni realtà operativa (dalla più piccola casa di cura alle aziende sanitarie di maggiori dimensioni) si assiste di conseguenza molto frequentemente al “braccio di ferro” tra forze professionali e sindacali, da un lato, e
direzioni aziendali, dall'altro, che si trovano a discutere, dibattere, contrattare su dati, parametri, indicatori, metodologie, a volte anche approcci concettuali che paradossalmente si caratterizzano (nonostante la
sostanziale omogeneità del problema sul tappeto) per la difficoltà di condividere le stesse “regole del gioco” con cui la produttività deve essere misurata.
Queste difficoltà si sostanziano per esempio nella coesistenza di nomenclatori diversi delle prestazioni (a livello interregionale e interaziendale), di sistemi e logiche diverse nell'attribuzione dei “pesi” alle prestazioni
stesse, nell'obiettiva influenza che su tali pesi esercitano fattori organizzativi, strutturali e tecnologici locali.